Gli infortuni sportivi sono molto diffusi nel mondo tra gli atleti professionisti e tra gli sportivi amatoriali. Un trauma fisico, derivante da un infortunio o da un incidente, comporta necessariamente una risposta anche sul piano psichico: mente e corpo sono un tutt’uno inscindibile.
Quello che accade a livello fisico ha una relazione con ciò che accade a livello psicologico e viceversa. Il funzionamento cerebrale implica infatti il costante coinvolgimento delle emozioni in qualsiasi atto umano, dalla più semplice percezione all’esecuzione di un banale movimento.
Nel caso della traumatologia sportiva, l’infortunio presenta uno stress peculiare con caratteristiche e richieste specifiche in relazione alle esigenze sportive personali.
Quando si affronta un percorso di riabilitazione a causa di un trauma fisico, di qualunque entità esso sia, si attivano quindi delle reazioni psicologiche emotive, comportamentali e relazionali. Qual è dunque l’approccio riabilitativo ottimale nei traumi da attività sportiva?
Riabilitazione: clinica incentrata sul paziente e recupero globale
La medicina contemporanea, fondata su un approccio tecnico ‘evidence based’, centrato sulla cura della malattia, ha rivelato, accanto agli indubbi progressi scientifici, i limiti in termini di soddisfazione del paziente e di esiti clinici complessivi. Limiti dovuti al trascurare la relazione come fondamento della diagnosi e della terapia.
Negli ultimi anni la metodologia clinica si sta evolvendo verso una visione centrata sul paziente e sul suo vissuto che restituisce la giusta importanza e dignità alla componente psicologica, relazionale e sociale della pratica medica. L’essenza della clinica è ‘il dialogo fra il medico ed il suo paziente, fra l’occhio della medicina e la voce del sintomo’ (Foucault).
Su queste premesse deve necessariamente poggiare l’approccio terapeutico ottimale della riabilitazione nello sport. Un trauma o una patologia provocano una lesione globale del sistema mente-corpo, creando la necessità di ricostruire la funzione nei suoi inscindibili aspetti fisici e psichici. Pensiamo, ad esempio, a un caso di trapianto della cartilagine o di ricostruzione di un legamento crociato: i condrociti (le cellule del tessuto cartilagineo) o il nuovo legamento, utilizzati in questi interventi, fanno parte di un tessuto che, a sua volta, è parte di un’articolazione che appartiene a una persona colpita nella propria integrità psicofisica. Se l’intervento riabilitativo si limitasse a ripristinare la funzione meccanica si lascerebbe alla fortuna, o alle doti della persona infortunata, il compito di curare il recupero della funzione emotiva. In caso contrario, l’adozione di specifiche tecniche psicologiche può garantire, parallelamente alle fasi del recupero sul piano motorio, la progressiva guarigione della ferita psicologica inevitabilmente connessa al trauma, portando al recupero della forza emotiva necessaria alla ripresa dell’attività sportiva. Questo approccio globale consente anche all’atleta o allo sportivo di godere di un ulteriore vantaggio: quello di acquisire una maggiore consapevolezza e capacità di gestione del proprio funzionamento sul piano psichico, con indubbie ricadute sul piano dell’efficacia nell’attività sportiva.
Redazione MOOD